Thérèse Martin

L’Amore e la Scienza d’Amore

  • "...questa parola 'Scienza d'Amore'; risuona dolcemente all'orecchio dell'anima mia; desidero solo questa scienza." ...... Così commenta Thérèse Martin in "Poema di Settembre" o "Manoscritto autobiografico B" (Settembre, 1896), le comunicazioni avute dall'Aldilà dalla mistioca del Sacro Cuore Marguerite-Marie Alacoque il 27 dicembre del 1673 proprio nel giorno del discepolo prediletto del Rabbi di Nazareth che secondo il vangelo nel momento del commiato del grande innovatore dell'ebraismo aveva appoggiato il capo sul cuore del Cristo-Messia tanto atteso sin dai tempi del secondo esilio, l'esilio a Babilonia in quella che fu l'antica civiltà iranica mazdeista dove fortissima era la coscienza degli opposti bene/male, luce/tenebra, e che sarà intelligentemente assimilata da quella classe dirigente ebraica sconfitta, umiliata e provata dall'esilio forzato ma da cui si dipartirà il filone apocalittico-messianico di un nuovo ebraismo rinnovato che sfocerà infine nella scintilla della coscienza cristica tesa non soltanto alla non-rimozione degli opposti ma ad una sintesi radicale e definitiva della loro contrapposizione.
  • Dedica

    A Claire Bertrand nata a Poitiers nel 1805, monaca praticamente sconosciuta ma fondatrice del monastero di Lisieux nel 1838, fulgido esempio e maestra di vita per Thérese Martin. Dedicato a lei e al suo Dio: il Dio che non abbisogna di eroi, "il Dio della pace" così da lei nominato nel corso dei dialoghi con l'erede del suo cuore, Thérèse Martin. Il riferimento è a un sogno emerso come la punta di un Iceberg dall'inconscio di Thérèse poco dopo la morte di Claire Bertrand nel 1891 dove l'inconscio tentava di rendere palese alla coscienza di Thèrèse quello che in un certo senso lei sapeva già: le volontà testamentarie della sua sorella e amica anch'essa amante e seguace del Rabbi di Nazareth caduta combattendo valorosamente più che eroicamente lungo il cammino verso le nozze ultime di Dio con Dio.
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4. La crisi dell’infanzia e la prima conversione (1877-Natale 1886)

La crisi dell’infanzia e la prima conversione (1877-Natale 1886)

Isidore Guerin, fratello di Zelie, nel frattempo era stato nominato co-tutore delle cinque sorelle Martin. Consigliò così Louis Martin, rimasto solo ad accudire i figli, a trasferirsi a Lisieux, cittadina poco più a nord ancora di Alençon, dove lui appunto viveva con la sua famiglia. Louis convenne sulla sensatezza del trasferimento ed, allora, Isidore cercò e trovò, per loro, una villetta di periferia, chiamata Buissonnets, situata su una collina che dominava la via di Pont-l’Eveque ed il 15 novembre 1877 avvenne il trasloco.

Isidore Guerin (18411909) era stato studente in farmacia all’università di Parigi e aveva avuto come compagno di studi il grande storico del cristianesimo Ernest Renan.

Adesso gestiva quale proprietario una farmacia in piazza Saint-Pierre a Lisieux.

Più incline all’azione che alla contemplazione a differenza di Louis Martin, Isidore Guerin impegnato socialmente, e non solo nella preghiera, come monarchico e cattolico, dal 1891 fino al 1896 in qualità di giornalista del giornale “Le Normand”, firmerà articoli in particolare avversi alla “Franc-Maconnerie” che, nella foga della polemica del tempo, deborderanno un po’ sopra le righe facendo trasparire, tratti di antisemitismo. In particolare, in questi articoli cercava di contrastare “le fanfaronate anticlericali” di Henri Cheron che adesso militava nelle file repubblicane ma che aveva lavorato, in passato, come dipendente nella sua farmacia e che, in seguito, diverrà un noto statista.

Nel dicembre 1888 grazie a A. David, un cugino della moglie, che gli lascia una considerevole eredità, tra cui un castello oltre a valori, terre e case, può ritirarsi dagli affari e vendere la farmacia per vivere agiatamente delle proprie rendite e consacrarsi al giornalismo, alla famiglia e ai Martin.

È lui che ha aiutato la famiglia Martin a trasferirsi a Lisieux ed è sempre lui che ha fatto stampare a sue spese la prima edizione di “Storia di un’anima” il 30 settembre 1898, sia pure, a dir la verità come sembrerebbe, senza grande entusiasmo.

Da parte sua Teresa, comunque, prenderà sempre le distanze dal modo di esprimersi della religiosità in suo zio, definendolo chiaramente “Ce chrétien d’un autre auge”, “Questo cristiano d’altri tempi”. (“Manoscritti Autobiografici” – Manoscritto A, f.51 v.)

Ebbe due figlie, Jeanne si sposerà con il medico Francis La Nèele e Marie, compagna di giochi d’infanzia di Thérèse (particolare non insignificante: tra i tanti giochi che facevano giocavano a fare l’eremita), entrerà anch’essa al monastero di Lisieux e sarà una delle allieve novizie di Thérèse quando le sarà affidato l’incarico di maestra delle novizie.

Simbiosi e separazione

Teresa decise allora di adottare come sua seconda madre la sorella maggiore Paolina ma pure da essa si sentì abbandonata quando cinque anni dopo, il 2 ottobre 1882, Teresa aveva nove anni, entrò nel convento di clausura delle Carmelitane di Lisieux. Per Teresa che era molto attaccata a lei fu un duro colpo benché Marie, la maggiore di tutte, tentò di sostituire in questa funzione materna Pauline.

In un attimo compresi che cosa è la vita, fino allora non l’avevo veduta triste… Vidi che non è altro che una sofferenza ed una separazione continua… Fu come se un pugnale mi si fosse confitto in cuore…

(Ms A 25 v°)

I sintomi di un conflitto

Quest’insieme di cose: un’affetto enorme per la madre, la sua morte, e poi l’abbandono di quella che considerava una sua seconda madre, Pauline, produssero in Thérèse una crisi nervosa con manifestazioni somatiche anche di forte intensità.

Alcuni chiodi attaccati al muro della camera le apparivano all’improvviso sotto forma di dita carbonizzate. Gridava allora:
– Ho paura, ho paura!
I suoi occhi così calmi e dolci avevano un’espressione di spavento…Una…volta, mio padre venne a sedersi presso il letto di Teresa. Aveva il cappello in mano. Teresa lo guarda…poi, in un batter d’occhio, cambia espressione, i suoi occhi fissano il cappello e getta un lugubre grido:

– Oh, la grossa bestia!

(Deposizione di Maria Martin, in “Summarium”)Oltre a ciò le sembra di vedere tutto intorno al suo letto dei grossi precipizi.
Il dottor Notta, interpellato, ritiene, tuttavia, che non si tratti di isteria.

Vedendola sfinita, volli darle da bere ma Teresa gridò in preda a terrore:
– Vogliono avvelenarmi.

(Maria Martin)

Una nuova Madre

Il 13 maggio 1883 domenica di Pentecoste accadde l’imprevedibile:

…vidi Teresa guardare la statua della Santa Vergine…come in estasi per quattro o cinque minuti, poi il suo sguardo si posò su di me con tenerezza.
(Maria Martin “Summarium”)

Si trattava della statua di “Nostra Signora delle Vittorie” detta della “Vergine del Sorriso”.

D’un tratto…mi penetrò fino in fondo…il sorriso incantevole della Madonna

(Ms A 30 r°)

Teresa è guarita.

Ritorno ad Alençon: la conoscenza del mondo

Tre mesi dopo la mia guarigione il Babbo ci fece fare il viaggio di Alençon. Era la prima volta che vi tornavo e grande fu la mia gioia nel rivedere i luoghi in cui era trascorsa la mia infanzia […]

(Ms A32v)

Il buon Dio mi ha fatto la grazia di conoscere il mondo quel tanto che bastava per disprezzarlo e allontanarmi da esso. Posso dire che fu durante il mio soggiorno ad Alençon che feci il mio primo ingresso nel mondo. Attorno a me tutto era gioia e felicità; io ero festeggiata, coccolata, ammirata; in una parola, per quindici giorni la mia vita fu cosparsa solo di fiori…; e confesso che essa aveva dell’incanto ai miei occhi. Il libro della Sapienza ha ben ragione di dire: «Che la magia delle futilità del mondo seduce anche lo spirito lontano dal male». A dieci anni il cuore si lascia facilmente abbagliare; ed io considero una grande grazia non essere rimasta ad Alencon, poiché gli amici che vi avevamo erano troppo mondani e sapevano troppo conciliare le gioie della terra con il servizio del Buon Dio. Non pensavano abbastanza alla morte, anche se essa era andata a visitare un gran numero di persone che avevo conosciute giovani, ricche e felici!!! Volentieri ritorno col pensiero ai luoghi deliziosi in cui erano vissute e mi domando dove sono adesso e che profitto hanno ricavato dai castelli e dai parchi in cui le vidi godere della comodità della vita…E vedo che sotto il Sole, tutto è vanità ed afflizione dello spirito…che il solo bene è amare Dio con tutto il cuore ed essere quaggiù poveri di spirito…

(Ms A32v)

Forse Gesù ha voluto mostrarmi il mondo prima della sua prima visita perché potessi scegliere più liberamente la via che dovevo promettergli di seguire.

(Ms A32v)

Scrupoli e sensi di colpa

Durante il ritiro che ebbe luogo dalla domenica sera del 17 maggio al giovedì 21 maggio del 1885 per prepararsi alla seconda comunione, così chiamato l’anniversario della prima comunione, e per lei questi eventi erano i veri eventi che contavano nella sua vita, veri e propri fatti storici, iniziò a sperimentare quella che lei chiama “la terribile malattia degli scrupoli”. Il predicatore, il padre Domin, cappellano dell’abbazia e ben conosciuto anche al Carmelo, influenzato da una spiritualità ancora giansenista insiste sul peccato, l’inferno e il giudizio finale. Teresa ne fu molto turbata e la malattia degli scrupoli che ne seguì durò per ben un anno e mezzo e per chi potesse sottovalutare questa terribile esperienza aggiunge che chi non l’ha esperimentata non può capire.

In cosa consisteva? Teresa dice che ogni sua azione e ogni suo pensiero divenivano motivo di turbamento e per alleviarlo l’unica cosa che poteva fare era confidarsi con sua sorella Maria e anche questo aprirsi non era molto piacevole poiché doveva rivelare anche quelli che lei chiama “;pensieri stravaganti” che si formavano in lei spontaneamente proprio su sua sorella Maria. Questo comunque un po’ la liberava da questa sorta di fardello ch’era costretta a sostenere ridandole un po’ di pace interiore ma dopo un po’ il martirio riprendeva nuovamente in maniera estenuante. E così di nuovo a mettere a dura prova la pazienza di Maria che doveva stare a sentire tutti i suoi scrupoli fino a ridarle nuovamente la pace. Questi curatori o meglio ammalatori di anime non seppero mai nulla di questa malattia dell’anima di Teresa: solo la sorella Maria di cui si fidava maggiormente ebbe le sue confidenze ed era la stessa Maria che si occupava di insegnare a Teresa cosa doveva dire e cosa non era necessario dire ai suoi confessori.

Accadde in questo periodo anche che l’altra sorella, Celine, terminò gli studi e così non andò più all’Abbazia delle Benedettine ch’era una sorta di pensionato. Teresa allora non se la sentì proprio di rimanervi da sola così si ammalò e a 13 anni rientrò definitivamente in famiglia, di nuovo con la sua amata sorella Celine.

Per continuare gli studi allora si recava più volte la settimana per diverse lezioni private da una certa “Signora Papinau” che Teresa descrive “buonissima”, “molto istruita ma con un certo fare da zitella”. Fatto sta che la sua maestra riceveva parecchie visite di sacerdoti, signore, giovinette, ecc. durante le lezioni che così si interrompevano e Teresa con il naso sul libro stava ad ascoltare tutti quei discorsi che dice gli fecero conoscere di più il mondo ed, anche, altre cose che la riguardavano direttamente e che ritiene che forse sarebbe stato meglio che non avesse sentito affatto in quanto avrebbero potuto attivare il suo narcisismo. Ella ritiene, infatti, che altre al suo posto si sarebbero smarrite nelle lodi e le lusinghe delle creature. Essa ritiene che ben illustrino il suo caso le parole di un testo che per Teresa era pane quotidiano, il libro della Sapienza, infatti Teresa trattava i testi sacri non come astrazioni intellettuali ma come un tutt’uno con la realtà della vita quotidiana:

Tolta dal mondo prima che il mio spirito fosse corrotto dalla sua malizia e che le sue fallaci apparenze avessero sedotto la mia anima.
(Libro della Sapienza)

Malgrado questa immersione totale nella lettura e nello studio dei testi sacri che l’intera esistenza di Teresa presenta, Teresa non ha mai amato le conversazioni pie che anzi l’affaticavano figuriamoci altri generi di conversazioni: le creature a Teresa la stancavano. Inoltre, non amava nemmeno parlare di Dio ma preferiva parlare direttamente a Dio, ella, infatti, ebbe modo a sottolineare che nelle discussioni spirituali si mescola tanto amor proprio e così solo per questo motivo e non perché non fosse socievole, tutt’altro, Teresa si stancava a parlare anche di religione. (Riferimenti: Ms A – f.41 r°)

Quand’era più piccola si era creato in un angolo un piccolo separé dove andava a nascondersi dal mondo e quando gli chiedevano cosa facesse diceva: penso. Un giorno riincontrò una vecchia maestra dell’Abbazia che subito gli chiese: “Teresa pensi ancora?”

Ora che non c’era più Pauline, adesso che ha tredici anni e mezzo si era sistemata la sua nuova stanza in una mansarda al secondo piano: tante piante, tanti fiori e poi ancora pesciolini rossi, uccelli, statuette di santi, bambole di ogni tipo, tanti libri. Qui Teresa legge, prega, medita per ore al giorno.

In questa atmosfera non tarda ad arrivare la più brutta delle notizie: dopo la morte della madre, dopo la partenza di Pauline sua seconda madre adesso è venuto il momento della separazione anche da Maria suo unico sostegno. Maria infatti aveva preso la decisione di divenire anche lei monaca carmelitana.

Un incontro della Terra con il Cielo all’origine di una trasformazione

Tutti quelli del suo ambiente che giudicavano Teresa una “debole di carattere”, una bambinona che stava sempre a piangere temono il peggio, che Teresa dalla grande fragilità affettiva si ammali nuovamente a seguito di quest’altra separazione.

Questo non accade però perché, per motivi imperscrutabili, avviene in Teresa qualcosa che le fa trovare una via di uscita dalla situazione. Pressoché si è detta: visto che il Carmelo mi ha rubato tutte le mie mamme allora mi rivolgerò al Cielo dove vi abitano i miei fratellini e le mie sorelline morti quasi appena nati o comunque in tenera età, non si saranno scordati di me e mi vorrano un po’ di bene visto che io sono la loro sorella. Così Teresa fece.

Da quel momento la mia devozione per i fratellini e le sorelline crebbe e amavo intrattenermi spesso con loro.

(Teresa di Lisieux “Manoscritto A”)

È il caso di dire che Teresa si diresse verso la strada giusta poiché:

La risposta non si fece attendere. Poco dopo la pace venne a inondare la mia anima con i suoi flutti deliziosi e io compresi che se ero amata sulla terra, lo ero anche in Cielo…

(Teresa di Lisieux “Manoscritto A”)

Inoltre, di lì a nemmeno pochi mesi dopo nella festa del bambino per antonomasia, il bambino Gesù, quasi fosse un alter ego dei bambini a cui si era rivolta o un loro ambasciatore, la trasformò al punto che da “debole di carattere” divenne “una sbarra d’acciaio” per usare il meritato complimento di un suo fedele estimatore, il patriarca di Venezia Albino Luciani divenuto in seguito papa Giovanni Paolo I. Paradossale a dirsi, proprio i bambini, come regalo gli fecero superare la sua infanzia e divenire una donna adulta e matura, forte e coraggiosa.

Se oggi la piccola Teresa di Lisieux figura insieme al grande filosofo Agostino e alle colonne dell’ordine carmelitano Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, nell’assemblea dei soli 32 grandi dottori che in duemila anni di storia della Chiesa si siano avuti lo deve a questa trasformazione. Molti anni dopo questo evento di trasformazione nella cella dell’infermeria del Carmelo dove Teresa concluse la sua vita terrestre non mancherà la foto dei suoi fratelli e sorelle sconosciuti.

Il superamento dell’infanzia

La Cathédrale Saint-Pierre era anche la chiesa frequentata abitualmente da Thèrèse. Qui in questa chiesa comprese, per la prima volta in vita sua, quando non era ancora nemmeno adolescente, ciò di cui fin da bambina aveva sempre sentito parlare ma non compreso: il senso della passione del Cristo.

Da questo evento trasformativo, anteprima di una trasformazione ancor più visibile, quella della notte di natale 1886, ch’ella chiama “la mia conversione”, deriva il suo secondo nome da religiosa: “Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo”. Fu proprio questa comprensione che iniziò a sbloccarla dalla stasi energetica in cui versava (la cosiddetta malattia mentale o nevrosi) e fu quello anche il giorno che diede l’avvio alla sua ulteriore evoluzione.

La notte di Natale del 1886 fu, è vero, decisiva per la mia vocazione, ma per essere più esatta, devo chiamarla: la notte della mia conversione. In questa notte benedetta, della quale è scritto che rischiara le delizie stesse di Dio, Gesù che si faceva bambino per amor mio, si degnò di farmi uscire dalle fasce e dalle imperfezioni dell’infanzia. Mi trasformò in modo tale da non riconoscermi più. Senza questo cambiamento, sarei dovuta restare ancora chissà quanti anni nel mondo. Santa Teresa, la quale diceva alle sue figlie: “Voglio che non siate donne in nulla, ma uguali in tutto ad uomini forti” (Teresa d’Avila “Cammino di perfezione” 7,8), non avrebbe voluto riconoscermi per sua figlia, se il Signore non m’avesse rivestito della sua forza divina, se non m’avesse armata lui stesso per la guerra.

(Lettera di Teresa a Padre Adolphe Roulland del 1 novembre 1896)

Ma che cosa era accaduto veramente? Quale avvenimento aveva messo in moto una simile reazione psichica positiva destinata a durare nel tempo?

Tornavamo dalla messa di Mezzanotte[…] Il Signore permise che Papà provasse un senso di noia vedendo le mie scarpe nel camino e dicesse delle parole che mi ferirono il cuore: «Bene, per fortuna che è l’ultimo anno!

In quel momento salivo la scala per togliermi il cappello: Celine vedendo le lacrime nei miei occhi mi disse: «Oh Teresa! non scendere, ti farebbe troppa pena guardare subito nelle tue scarpe!». Ma Teresa non era più la stessa, Gesù le aveva cambiato il cuore. Reprimendo le lacrime discesi rapidamente e comprimendo i battiti del cuore presi le scarpe, le posai dinanzi a papà e tirai fuori gioiosamente tutti gli oggetti con l’aria beata di una regina. Celine credeva di sognare! La piccola Teresa aveva ritrovato la forza d’animo che aveva perduta a quattro anni e mezzo, e da ora in poi l’avrebbe conservata per sempre! In quella notte di luce cominciò il terzo periodo della mia vita.

(Brano tratto da “Manoscritto Autobiografico A 44v)

Nous revenions de la messe de minuit où j’avais eu le bonheur de recevoir le Dieu fort et puissant. (Ps 24,8) En arrivant aux Buissonnets je me réjouissais d’aller prendre mes souliers dans la cheminée, cet antique usage nous avait causé tant de joie pendant notre enfance que Céline voulait continuer à me traiter comme un bébé puisque j’étais la plus petite de la famille… Papa aimait à voir mon bonheur, à entendre mes cris de joie en tirant chaque surprise des souliers enchantés, et la gaîté de mon Roi chéri augmentait beaucoup mon bonheur, mais Jésus voulant me montrer que je devais me défaire des défauts de l’enfance m’en retira aussi les innocentes joies; il permit que Papa, fatigué de la messe de minuit, éprouvât de l’ennui en voyant mes souliers dans la cheminée et qu’il dît ces paroles qui me percèrent le coeur: “Enfin, heureusement que c’est la dernière année !…” Je montais alors l’escalier pour aller défaire mon chapeau, Céline connaissant ma sensibilité et voyant des larmes briller dans mes yeux eut aussi bien envie d’en verser, car elle m’aimait beaucoup et comprenait mon chagrin: “O Thérèse! me dit-elle, ne descends pas, cela te ferait trop de peine de regarder tout de suite dans tes souliers. “Mais Thérèse n’était plus la même, Jésus avait changé son coeur! Refoulant mes larmes, je descendis rapidement l’escalier et comprimant les battements de mon coeur, je pris mes souliers et les posant devant Papa, je tirai joyeusement tous les objets, ayant l’air heureuse comme une reine. Papa riait, il était aussi redevenu joyeux et Céline croyait rêver!… Heureusement c’était une douce réalité, la petite Thérèse avait retrouvé la force d’âme qu’elle avait perdue à quatre ans et demi et c’était pour toujours qu’elle devait la conserver!… En cette nuit de lumière commença le troisième période de ma vie[].

(Thérèse de Lisieux “Manuscrit A 44v”)

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